Disgraziati i giocatori della Corea del Nord al Mondiale. Voi come li definireste? Howl li dipingerebbe disgraziati. Quel gran brigante di Kim Jong-il, presidente dittatore della nazione asiatica, ha pensato bene a come organizzare la spedizione in Sud Africa. Un paese il cui governo possa ambire al rango di "assoluto" deve in primis gestire il consenso. Per controllare gli umori del popolo serve uno stato di serenità indotto con la forza. Bell'ossimoro, ma ci sono zone del mondo in cui le contraddizioni non sono viste come tali. Stai tranquillo, nel caso ho un missile pronto.
Torniamo coi piedi per terra, visto che si parla di calcio. Da sempre i regimi totalitari vedono le manifestazioni sportive come una minaccia o un'opportunità. Ricordiamo le famigerate olimpiadi hitleriane del '36, in cui slanciati biondoni di tempra ariana sovrastavano atleti di altri paesi, o meglio, di altre nazioni. Il vigore dell'uomo germanico doveva essere rappresentato e ostentato, come a dire al mondo guardate cosa è capace di fare la razza pura. Ma le manifestazioni sportive possono essere anche una minaccia, si diceva. Perché qualora non si possano influenzare i risultati sul campo, o manipolarli, per meglio dire, il problema per un paese totalitario si presenterebbe bello grosso. La squadra sportiva in trasferta è l'estensione internazionale di un popolo. Una compagine calcistica perdente equivale ad un popolo perdente. E un popolo perdente se la prende coi propri capi.
Kim Jong-il non vorrebbe mai arrivare ad una cosa del genere. Dunque ha preso semplici ma efficaci misure. Come prima cosa, le partite non avrebbero dovuto essere trasmesse in diretta, e così è stato per il match d'apertura col Brasile perso 2-1. Di questo incontro è stata trasmessa solo una sintesi, riportante esclusivamente il gol coreano (purtroppo Howl non può garantirvi la certezza assoluta di questa affermazione causa ingente penuria di fonti). Visti gli entusiasmi mondiali arrivati anche in estremo oriente, data la fede gioiosa riposta dal popolo nella squadra, si è deciso di trasmettere, però, in diretta la seconda partita. Un disastro. La squadra coreana arranca e ammaina la bandiera nel secondo tempo, che vede il Portogallo concludere la sfida con un ubriacante 7-0. Ebbene, al quarto gol degli iberici la telecronaca è stata interrotta. Howl non ha notizie riguardo anche la possibile interruzione del segnale video.
Tale linea editoriale-dittatoriale non ha frenato l'entusiasmo della gente per il calcio. Uno sport che aggrega, che fa sognare traguardi auspicati mai raggiunti nell'austera vita giornaliera. Per la seconda partita le strade di Pyongyang si sono trasformate in un deserto. Erano tutti davanti la televisione. Sperando magari che il Caro Leader Jong-il non facesse staccare la spina.
Se le cose sono andate così in patria, facciamo luce sul come sono state per i giocatori della Nazionale. Conosciamo tutti il confort dei ritiri delle squadre di calcio ai Mondiali. Lussuosi hotel, verdeggianti campi d'allenamento e così via. In questo caso no. Lo stadio scelto per la preparazione è quello di Tembisa, situato in una malfamata baraccopoli a 50 km da Johannesburg, nel bel mezzo di una zona a vocazione criminale, dove i bianchi non osano addentrarsi. Come se non bastasse lo stadio è circondato da filo spinato. Avete capito benissimo. Verrebbe da chiedersi a che scopo: per evitare l'assalto delle gang locali o per scongiurare la probabile fuga di qualche calciatore dissidente? Non a caso è girata la voce che quattro atleti fossero fuggiti dal ritiro. Per dimostrare che nessuno è scappato è stato concesso un allenamento a porte aperte, ma nemmeno il commissario FIFA addetto ai controlli tecnici è disposto a giurarci, data la difficoltà di identificare i giocatori. Neanche l'hotel gode di maggiore "serenità". Ne è stato scelto uno lontano dalle luci della ribalta, circondato da poliziotti, un edificio a cui la stampa non può accedere.
Questi sono solo alcuni, ma significativi, effetti della censura. Kim Jong-il ha voluto ricreare in Sud Africa l'isolato microcosmo nord coreano. Il precedente illustre risale ai Mondiali del '66, quando gli asiatici ottennero un'altra storica qualificazione come nel 2010. Anche allora il team fu isolato dal resto del mondo, per conservarne i valori, per far sì che i giocatori non "cadessero in tentazione" a contatto coi lussi occidentali. Un dato statistico: allora fu proprio la Corea del Nord ad eliminarci. Howl s'era promesso di non parlare di Nazionale italiana in questo post, ma almeno un riferimento traslato, vista la figura magra fatta ieri dai nostri, andava fatto.
I Mondiali di calcio sono l'occasione per conoscere altre usanze. Molto probabilmente noi penisolani rimaniamo costernati nell'appurare queste cose. Howl vi ricorda, però, che da noi è in via di approvazione una legge che attenta alla libertà di stampa. Parole forti, di cui si assume le responsabilità. Se ne parlerà sul Cartello, non dubitate. Che l'esempio coreano sia da monito, anche se si tratta di un caso limite. Ma Howl si fida di voi, sa come le pensate, o almeno se lo augura. In ogni caso cerchiamo di vigilare e di parlarne. Rifiutamo ogni linea edittatoriale.
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Considerata la sacralità del calcio in Italia, dimostrata dal silenzio tombale (l'aggettivo non è casuale) subito dopo la sconfitta con la Slovacchia (senza aspettare interventi dittatoriali in molti ieri hanno spento il televisore dopo il primo tempo), una cosa del genere da noi difficilmente potrebbe accadere. Io spero e mi auguro che facciano vedere le partite senza i commenti roboanti di Salvatore Bagni, Fulvio Collovati e Ubaldo Righetti(fra l'altro chi diamine è?). Non mi sembra il caso di introdurre, a questo scopo, una dittatura. Basterebbe cambiare commentatori. In Italia, l'unico modo per avere una rivoluzione è quella di toccare il calcio e di non farlo vedere. Almeno 58 milioni di persone scenderebbero in piazza visto che per il diritto all'informazione non ci mobilitiamo...
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