Solo negli ultimi giorni i media italiani hanno iniziato a occuparsi della situazione drammatica in cui versa la perla del mar dei caraibi: la Giamaica.
L'isola, infatti, è ormai attanagliata da crisi sociali, economiche e ultimamente anche militari che mettono a dura prova la popolazione, la quale è già martoriata da una povertà che affonda le sue radici nei decenni precedenti.
La crisi economica in Giamaica perdura, praticamente, dagli anni settanta, da quando iniziò ad aprire il suo mercato ai prodotti provenienti dagli USA e dai paesi dell'america del sud. L'agricoltura dell'isola si trasformò in modo da assecondare le richieste dei paesi importatori, ma così facendo sacrificò l'autosufficienza alimentare; il governo iniziò ad importare gli alimenti base e cominiciò ad accumulare debito estero, visto che a quel tempo era una pratica conveniente.
Con le crisi petrolifere che si susseguirono negli anni '70 e '80, i tassi di interesse sul debito accumulato dall'establishment giamaicano divennero insostenibili ed è da allora che la popolazione vive in condizioni di semi-povertà.
Le immagini che il mondo conosce, di un'isola che si muove a tempo di reggae, dalle spiagge candide, con il mare cristallino e le foreste rigogliose, sono le istantanee prese da quella che è la Giamaica turistica dei villaggi vacanze. Nei quartieri poveri e nelle periferie delle grandi città, Kingston in primis, la situazione è da guerra civile.
In media, ogni giorno, vengono commessi 9 omicidi sul'isola. Più di 3000 morti l'anno.
Le gang si contendono il mercato dello spaccio di cocaina e di marijuana. La corruzione dilaga, e molte delle autorità sono asservite proprio ai signori della droga.
Ed è qui che i mezzi di informazione internazionale iniziano ad accendere i riflettori: nella capitale, Kingston, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza. Gli uomini del narcotrafficante Christopher «Dudus» Coke, hanno iniziato una sommossa per impedire l'arresto e l'estradizione del loro "capo" negli Stati Uniti. Un commissariato di polizia è stato dato alle fiamme, mentre altri 5 sono stati assaltati. L'esercito è sceso in strada e impone il coprifuoco.
Quella che fu la patria dell'One Love cantato da Robert Nesta Marley, si sta trasformando in una distopia, governata dalle gang di strada.
Nemmeno gli artisti reggae sono stati risparmiati dall'ondata di violenza che ogni giorno si scatena: O'Neil Edwards, voce del trio Voicemail, è stato colpito da sette colpi di pistola e lotta tra la vita e la morte. Purtroppo c'è da aspettarsi rappresaglie per questo tragico evento, le quali non faranno altro che alimentare la spirale di violenza.
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Mai come adesso la Giamaica ha bisogno di cantare One love
RispondiEliminaMai come adesso la Giamaica ha bisogno di qualcuno che le faccia cantare One Love... 30 anni fa Bob Marley evitò da solo una guerra civile. Oggi penso che non ci sia nessuno di così carismatico che possa fare altrettanto.
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